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ITALIA, 17 MARZO 2020

Varato il decreto “Cura-Italia”. Oggi quindi parliamo di “cura”… una cura che di fatto non c’è… come curarci da un virus, se la cura non c’è?

Noi che ci occupiamo di cura e di terapia, noi che sappiamo che le arti, da sempre, “curano”, come possiamo prenderci “cura” di noi stessi e promuovere quella “cura” da sempre legata all’esperienza umana? Possiamo forse curarci attraverso la contemplazione? Aprendo uno sguardo dentro e fuori di noi? Aprendo un nuovo sguardo dalla solita finestra sul mondo?

Possiamo allora cercare la bellezza in una nuvola, in un cielo all’imbrunire, nel gioco dei chiaroscuri che si creano tra i veli di una tenda o in quei chiaroscuri emotivi che maggiormente, nel silenzio, riusciamo ad osservare…

E se le mie emozioni prendessero forma in una macchia… in una traccia su di un foglio… questo potrebbe essere un gesto di “cura per sé e gli altri?”

“Prendersi cura”, “curare” sono le parole che caratterizzano il nostro lavoro. Potremmo dire avere attenzione, dedizione, sollecitudine, amore, affetto, considerazione, riguardo. Tutti sinonimi che aprono un mondo emotivo e di immagini.

L’arte cura, lo sappiamo, ne facciamo esperienza ogni giorno nei nostri setting. L’arte, qualsiasi forma decida di prendere, è un linguaggio che parla di Sè. E ciò che produce, libero da giudizi ed interpretazioni, è manifestazione di una forza creatrice che viene dal nostro profondo. Ma se sappiamo che l’arte cura chi produce, se leggiamo le biografie di alcuni grandi pittori abbiamo un esempio di come la pittura fosse una cura ai propri dolori profondi, sappiamo anche che l’arte può curare anche il fruitore dell’opera. Gli studi di neuroestetica ci dicono che il cervello del fruitore risponde, risuona, di fronte all’opera d’arte e si hanno intensi stati emotivi che coinvolgono il sentire dell’intera persona.

L’arte è la finestra che ci permette di osservare sia il mondo dentro, sia il mondo fuori. In questi giorni, le nostre finestre sembrano essere l’unico spazio da cui contattare il mondo fuori, vederne le forme, le luci, sentirne i rumori e gli odori.

Ora dobbiamo “prenderci cura”, di noi stessi e della collettività. E col desiderio di “prenderci cura” invitiamo, chiunque di voi lo desideri, a produrre un’opera d’arte, in qualsiasi forma, che possa fare da contenitore dei propri vissuti e possa essere un modo per prendersi cura della collettività.

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