cARTeggi – n. 2 – Novembre 2020


Articolo
PRESTO CHE È TARDI

di Gianni Menghini – laureato in Scienze della Formazione, maestro di danze caraibiche (ANMB), danzaterapeuta Lyceum

Il tempo percepito e il tempo cronologico, il tempo opportuno e il tempo perso. Un semplice tentativo per attraversare questi temi con l’aiuto dell’arte e della cultura.

Non c’è tempo da perdere, leggete rapidamente questo articolo, anzi leggetene solo metà così avrete guadagnato del tempo prezioso così d’aver più tempo per cercarne un altro, magari più interessante. “Guadagnare tempo” e “aver più tempo”. Due termini “succulenti” di cui gli stati ansiogeni dell’umanità occidentale ne sono molto ghiotti e dei quali ultimamente se ne stanno facendo grande abbuffata. Anche per questo la questione tempo è stata l’oggetto di riflessione dell’età moderna. Filosofi, poeti, fisici, pittori, musicisti si sono prodigati nel cercare di rendere più comprensibile questo fenomeno nel quale tutto e tutti sono inevitabilmente immersi (tranne il sottoscritto, ovviamente). Tra i filosofi penso al francese Henri Bergson (1859-1941) che nella sua prima grande opera: Saggio sui dati immediati della coscienza [1] aveva affrontato l’analisi del tempo. Secondo Bergson il tempo misurabile diviene frutto di uno sforzo di astrazione mentale nei confronti del vissuto personale. Il tempo cronologico diviene fatto di istanti posti in una successione lineare e continua. La durata diventa quindi interpretabile solo come spazio e noi operiamo una vera spazializzazione del tempo. Inoltre, l’esperienza interna del tempo segue solo la logica degli stati d’animo ed è relativa solo ai bisogni e desideri dell’individuo.

Friedrich Nietzsche (1844-1900) diversamente mette in discussione la struttura lineare del tempo. Nucleo centrale del pensiero nietzschiano in “così parlò Zaratustra” è “l’eterno ritorno”. Il tempo, secondo il filosofo tedesco ha uno sviluppo circolare. Tutte le cose, tutti gli avvenimenti, tutte le esistenze ritornano infinitamente. Nessun vero progresso, nessun vero sviluppo. Il presente è destinato a ripetersi in una eterna circolarità, in una inamovibile identicità tra ciò che era, ciò che è e ciò che sarà. In ogni attimo si esaurisce la totalità dell’indivenire, perché tutto è attimo. [2]

Anche la fisica è entrata a pieno titolo nello sforzo per l’analisi della questione tempo. Cito il più autorevole, il “padre della fisica moderna”: Albert Einstein (1879-1955) il quale ha definito il tempo come quarta dimensione. Con la teoria della relatività ne ha poi rivoluzionato i codici interpretativi dimostrando che anche il tempo cronologico non è una costante universale, si comprime e si dilata per ogni luogo del cosmo.

Ma si è andati oltre lo strumento dei numeri e delle parole. La pittura si è resa disponibile come mezzo per offrire una diversa e prospettica interpretazione al concetto tempo. Penso ad autori come Giorgio De Chirico (1888-1978), fondatore della Metafisica italiana. Nei suoi dipinti il tema del tempo è più che mai ricorrente. Una delle sue tele più emblematiche è L’enigma dell’ora. [Fig 1] L’enigma di quest’opera, il mistero, è dato dal fatto che l’orologio segna le 14:55 ma le ombre lunghe evidenziano che la scena è ripresa nel tardo pomeriggio o comunque in un’ora crepuscolare. Con tale contraddizione l’autore mette in evidenza che non vi è corrispondenza fra il tempo meccanico, cronologico, scandito dalle ore del giorno e il tempo della vita, dell’esistenza.

Ancor più Salvador Dalì, (1904-1989) con i suoi “Orologi Molli” [Fig. 2] ha permesso di calarci immediatamente nei culti della Grecia Antica quando il tempo era elevato ad entità divina e si qualificava in due modalità:

come Kronos,[Fig.3] 

misurabile logico sequenziale e che come Kairos [Fig.4] un tempo nel mezzo, il tempo opportuno, indeterminato, non quantitativo ma qualitativo. Un tempo interno utile alla percezione di sé, della propria identità, un tempo che si dilata e deforma come gli orologi molli delle tele Daliniane. Questi autori hanno cercato di sostenere con forza la differenza e il peso dei due concetti di tempo. Le regole del tempo scandito dall’orologio sono rigide (minuti di 60 secondi, ore di 60 minuti ecc.) ma le regole del tempo percepito sono elastiche. Il tempo interiore potrebbe scorrere rapidissimo se si è felici e apparire lento in una condizione di noia o di tristezza. Esistono un tempo oggettivo assoluto e un tempo soggettivo relativo.

Ora però alzo la testa dal foglio sul quale sto scrivendo. Osservo l’interno di questo piccolo Bar al centro di Brescia dove ora sono seduto, proprio infondo a destra (quindi poco distante dal bagno!). Il personale mi serve con la mascherina al volto, i tavoli sono spogli e separati, l’aperitivo è senza buffet, nemmeno le noccioline (e io pago… e io pago… direbbe Totò). Alla radio passa Jovanotti e questo mi rimanda alla sua canzone “Tempo”. Jovanotti non sarà certo un filosofo ma in questo tempo sotto normative Covid, quel testo del ’92 mi risuona particolarmente presente. Il testo parla di tempo:

segnato da orologi di ogni marca e modello

ma tanto il tempo rimane sempre quello,

l’unica cosa che ci è dato da fare

avere il tempo per poterlo organizzare […]

per fare salti per far ballare il pubblico sugli spalti….

Ma questo è il tempo nel quale non è possibile ballare né sugli spalti né tantomeno nei locali. Chi se lo sarebbe immaginato? Ma che strano tempo è mai questo? Penso però che oggi è domenica, il giorno del Signore e quindi ne approfitto per recuperare qualche brano dell’Antico Testamento sul tema del tempo che possa dare una risposta a me e a Jovanotti. Così mi viene in soccorso la sapienza del Re Salomone. Nei suoi scritti riportati nell’Ecclesiaste 3, 1-11 3 (IV sec. A.C.) ci ricorda che:

Per ogni cosa c’è il suo momento

C’è il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo

Un tempo per nascere e un tempo per morire […]

Un tempo per piangere e un tempo per ridere

Un tempo per gemere e un tempo per ballare

Un tempo per abbracciarsi e un tempo per astenersi dagli abbracci

Rimango spiazzato davanti a queste sue parole e penso lo sarebbe anche Jovanotti. Forse il saggio e lungimirante Salomone, dalla sua Giudea del IX sec A.C., sembra sappia vederci molto lontano. Quest’uomo al quale si è rivolta la Regina dell’area più culturalmente fiorente del tempo, cioè Saba (ora Yemen) per potersi confrontare ed onorare la sua saggezza sembra che abbia redatto questo scritto a marzo di quest’anno. Ma Samuele nel suo testo ben conclude scrivendo:

“Egli (Dio) ha fatto bella ogni cosa e ha messo la nozione di Eternità nel cuore dell’uomo”

Se Samuele avesse ragione ciò che stride è pensare che il cuore dell’uomo sia capace di eternità e contemporaneamente sia così rapito dal “contingente”, così vincolato alla frenesia del quotidiano. Questa dicotomia di tensioni e attrazioni al quale è sottoposta la vita psichica dell’uomo, secondo psicologi affermati come Massimo Recalcati, sono alla radice di stati ansiogeni e di nevrosi.[4] Gli psicoterapeuti con le loro teorie non hanno perso tempo a qualificare e “patologizzare” ogni possibile abitudine verso gestione del tempo:

Quello che “paranoicamente” è sempre in anticipo,

Quello che “ossessivamente” è sempre puntuale,

Quello che “istericamente” è sempre in ritardo,

Quello che ”Schizofrenicamente”  si sente fuori dal suo tempo,

Questa non vuole essere una polemica ma una semplice riflessione. A parer mio un modo sicuramente risolutivo per dare una lettura “seria e profonda” sulla questione tempo della società odierna è quella che ha proposto ad un ampio pubblico il, da poco purtroppo scomparso, Dottor, Chirugo E. Jannacci.  L’esimio milanese con l’utilizzo di una “sacrosanta” ironia ha trattato questo tema nella canzone: “Se me lo dicevi prima”.  Un brano dell’89 intelligente e sottile che mi viene in aiuto per cercare una chiusa a questo articolo. Un pezzo che invito il lettore ad ascoltare con attenzione e con un po’ di leggerezza.

Ora però non vorrei rubarvi altro tempo quindi è tempo di finire il mio Aperol, alzarmi dal tavolo e fissare queste parole sul PC. Accidenti, stavo dimenticando la mascherina.  


Bibliografia:

1 Saggio sui dati immediati della coscienza (1884) Nel primo capitolo del Saggio sui dati immediati della coscienza Bergson polemizza con le psicologie di marca positivistica, 

2 Così parlò Zarahtustra. Un libro per tutti e per nessuno: celebre libro del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, composto in quattro parti, la prima nel 1883, la seconda e la terza nel 1884, la quarta nel 1885.

3 Ecclesiaste o Qoelet (ebraico קהלת,) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.

4 seminario del 22.2.2016 Nevrosi. A lezione di clinica di J. Lacan.


Fig. 1 L’enigma dell’ora Olio su tela – G. De Chirico

Fig. 2 La persistenza della memoria, 1931, olio su tela,

Fig. 3 Il “Padre Tempo” Cronos di Giovanni Francesco Romanelli (XVII sec.)

Fig. 4 Kairòs bassorilievo romano III a.C. – Traù (Croazia) Museo Municipale
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