cARTeggi – n. 4 – Dicembre 2021 ARTICOLO LE BUONE PRATICHE PER UNA RELAZIONE ONLINE |
ABSTRACT INTRODUZIONE E’ su queste premesse che è stato attivato il percorso di arteterapia presso il Centro per l’aiuto allo studio in zona nord di Milano rivolto a 6 ragazzi di età tra i 16 e i 20 anni che presentavano problemi di apprendimento e un percorso scolastico non soddisfacente e, conseguentemente, tutta una serie di difficoltà psicologiche e relazionali. Si è partiti dal presupposto che l’arte come terapia può diventare un valido supporto con cui possiamo operare su tali aspetti poiché il processo creativo può mobilitare fantasie ed energie, attivare capacità e risorse, evidenziare modalità di funzionamento e incoraggiare l’autonomia e il senso di identità. Inoltre il processo creativo è la base su cui si realizza una buona relazione terapeutica e ciò avrebbe potuto migliorare, anche in ambito formativo, una relazione tra discenti e insegnanti, rivalutare le capacità creative dei partecipanti e migliorare la loro percezione all’interno del contesto scolastico, familiare e sociale. L’emergenza pandemica ha però ben presto modificato il focus della ricerca. Dopo dieci incontri (23 in totale) in presenza, la pandemia ha interrotto il percorso già avviato. Dopo la sorpresa iniziale e il blocco dell’attività durato circa 2 mesi, si è rivelato utile e fondamentale raggiungere i ragazzi che stavano rispondendo bene al percorso. Era evidente che in un periodo di chiusura e solitudine, in cui gli adolescenti venivano allontanati dal gruppo dei pari e dalla scuola che, prima che luogo di istruzione, diventa luogo di relazioni e formazione, si rendeva ancora più necessario offrire un sostegno terapeutico. Pertanto ho provato a dar vita ad un percorso di arteterapia online, senza sapere se ciò avrebbe potuto essere efficace, senza alcuna garanzia, in quanto non c’erano esperienze pregresse e neanche letteratura. E così ho immaginato un nuovo setting, costruito secondo le nuove necessità e mediante la modalità in remoto, unica alternativa possibile per il mantenimento dei contatti in fase di chiusura. E’ su queste premesse che il metodo “Arte come Terapia”, creato da Edith Kramer (1916-2014), pur mantenendo le proprie peculiarità anche durante la sperimentazione in modalità sincrona in remoto, ha dovuto necessariamente adattarsi e ricercare nuove pratiche relazionali e comunicative per cercare di rendere vivo ed efficace l’intervento e per attivare un processo creativo simile alla consueta esperienza osservabile in spazi e ambienti più classici. Dalle riflessioni fatte durante l’intero percorso, è emerso come il metodo “Arte come Terapia” oltre ad impostare un valido intervento di aiuto e di mediazione espressiva tipicamente non verbale, può divenire un supporto valido anche per l’attivazione di altri processi formativi e cognitivi tali da assumere una valenza più “preventiva” e strutturante che esula dall’azione puramente terapeutica. Su queste premesse dunque, ne consegue la possibilità di considerare l’arteterapia non solo come supporto terapeutico al processo creativo bensì come attività periodica volta a stimolare e ad accrescere il pensiero creativo. ![]() L’uso dei materiali artistici diviene lo strumento con cui è possibile rielaborare contenuti psichici e vissuti personali anche dolorosi, ma da cui può scaturire anche la “scintilla” per accendere le qualità nascoste della creatività umana. A tal proposito per i soggetti più svantaggiati, che spesso sono le “vittime” predilette di un sistema scolastico ancora oggi stagnante sull’idea che esista una sola abilità o intelligenza di tipo accademica e nozionistica (sebbene da anni siano presenti innumerevoli scritti teorici e dati scientifici che smentiscono tale considerazione), l’esperienza arteterapeutica può diventare un valido strumento per attivare risorse sopite, dar vita a processi creativi, cognitivi e sostenere le capacità relazionali e, quindi, favorire l’unicità della persona. IL SETTING NEL PERCORSO ON LINE Inoltre, diviene necessario avvalersi di una piattaforma online per le sedute di arteterapia e condividere con i partecipanti le modalità di partecipazione, atto quest’ultimo che produce fiducia e coesione nel gruppo. Tradizionalmente il setting è uno spazio reale e, allo stesso tempo, uno spazio interiore. Ogni elemento reale costituente lo spazio deve concorrere a formare e salvaguardare lo spazio interiore e i confini stessi dell’esperienza. Lo spazio, dunque, deve essere il più possibile neutro, al fine di favorire la libera e personale associazione di idee. Nella pratica online dell’arteterapia, tali concezioni vengono completamente stravolte anche se possono continuare ad ispirare l’arteterapeuta. Con la connessione da remoto il setting non coincide più con l’atelier. Lo spazio concreto, adeguatamente predisposto dalla tavola imbandita e protetto da intrusioni esterne si è, in un certo senso, polverizzato. Nell’esperienza online, il setting è mutuato dallo strumento tecnologico, perciò diventa fondamentale creare un ambiente che sia il più possibile simile alla relazione reale, limitando al massimo le interferenze e mantenendo il contatto visivo. L’uso della tecnologia modifica la nostra esperienza sulla “prossimità” e le cose che prima apparivano lontane si avvicinano. E’ stato importante chiedere ai ragazzi partecipanti di ricavare un ambiente fisico personale e riservato, presso la propria abitazione, in cui potersi isolare e concentrare per ricercare dimensioni emotive personali e significative da poter sondare e rappresentare attraverso la propria creatività. E’ stato anche chiesto ai ragazzi di trovare presso le proprie abitazioni uno spazio in cui collocare man mano le proprie opere realizzate, in quanto veniva a mancare quella custodia e quella protezione che normalmente vengono garantite dall’arteterapeuta. Durante l’incontro online ovviamente ogni partecipante vive un’esperienza diversa, dentro luoghi diversi (case grandi con ampi spazi a disposizione dell’utente, case con piccole camere, ecc. che inficiano nella possibilità di ricavare un setting il più neutro possibile) e con stili di vita diversi che possono diventare il centro della narrazione e il punto di origine della nostra esperienza, ma nello stesso tempo divenire un campo invasivo e inficiante la relazione terapeutica. Le nostre esperienze personali sono proiettate attraverso il web dentro uno spazio virtuale ma comune. Il tempo individuale si sovrappone al tempo terapeutico di gruppo, il qui ed ora della propria vita personale si sovrappone al qui ed ora dell’incontro terapeutico. Un’altra difficoltà è stata costituita dall’impossibilità di percepire l’utilizzo dei nostri sensi attraverso questa modalità: non sentire il rumore e l’odore stesso dei materiali, non sentire il respiro dei compagni di esperienza, non essere presenti al processo creativo di gruppo e soprattutto non avere la preziosa tavola imbandita con l’offerta fisica e simbolica dei materiali artistici, fondamentale nutrimento. Un’esperienza di arteterapia inoltre dovrebbe avere luogo in uno scambio fatto di sguardi, di gesti, di sensazioni e di parole poiché è proprio la relazione che sostiene il processo terapeutico. Tali aspetti sono venuti a mancare, era assente quella corporeità così fondamentale in una relazione interpersonale e anche nella dimensione creativa. Sicuramente diventa importante per l’arteterapeuta reinventarsi, cercare escamotage che permettano di raggiungere gli stessi obiettivi con modalità differenti. Nonostante tutte le difficoltà evidenziate si è rivelato possibile lavorare da remoto, con i dovuti accorgimenti e procedendo man mano nell’esperienza si è potuto elaborare un approccio all’arteterapia online che ha rivelato una sua efficacia, invogliando e stimolando nei ragazzi la ricerca stessa di materiali diversi, anche di recupero. Per alcuni utenti la propria camera può rappresentare il posto in cui sentirsi più sicuri e confortati, luogo in cui anche il pensiero creativo può essere più rigoglioso e libero. Per l’arteterapeuta diventa interessante lavorare in questa modalità poiché attraverso uno sguardo sul monitor è possibile osservare e percepire l’intensità dei gesti dei partecipanti impegnati nella propria fase creativa, una possibilità che in un atelier è difficile avere: osservare simultaneamente e con un colpo d’occhio tutti i partecipanti, soffermandosi simultaneamente sul singolo e sulla totalità dei partecipanti! ![]() IL RITMO DELLE SEDUTE E SCANSIONE TEMPORALE Per sua natura il mezzo tecnologico abbatte i confini del tempo e dello spazio, la nostra percezione spazio-temporale muta con l’utilizzo della rete. La percezione del tempo viene ridefinita e riconsiderata come un continuo presente in cui la sequenza di attimi e il trascorrere stesso del tempo sono percepiti in modo marginale e superficiale. Per questo in un buon setting a distanza, ridare importanza al susseguirsi di eventi, dare la giusta “forza” al trascorrere del tempo è fondamentale per costruire una buona alleanza terapeutica e ricollocare i protagonisti in un determinato momento per vivere un’esperienza che “struttura” i propri confini interiori. Pertanto è stato possibile tramite il Centro di riferimento recuperare i contatti delle famiglie dei ragazzi e organizzare le sedute online ed è stato altrettanto fondamentale definire con i ragazzi un tempo prestabilito, con cadenza settimanale, precisamente ogni venerdì. Se nell’incontro in presenza era importante mantenere la ritualità di alcune fasi, anche nell’incontro online alcune fasi rituali sono state conservate come: L’Accoglienza 1- All’inizio di ogni seduta è necessario dedicare la prima parte dell’incontro alla fase di accoglienza e di saluto in cui i partecipanti possono sentirsi liberi di raccontare la propria settimana, le proprie emozioni, le proprie vicissitudini e molto altro ancora, per creare un clima di condivisione, rispetto reciproco ed entrare in relazione con l’arteterapeuta e con il gruppo, staccandosi dal contesto personale. Fase creativa 2- A seguire, ha inizio la fase di creazione, dove i partecipanti possono disattivare i propri microfoni mantenendo attiva la webcam rendendo così possibile al conduttore osservare l’intera fase creativa di ciascuno di loro e ai partecipanti di vedere il lavoro dei compagni, sentendosi così compagni di una stessa esperienza e dentro ad un processo creativo di gruppo. Da questo momento in poi il gruppo inizia a dedicarsi al proprio lavoro e a usufruire dei materiali che possono avere a disposizione a casa e che sono stati invitati a preparare vicino a sé, in modo da avere una piccola tavola imbandita che permette una scelta dei materiali più consoni al momento creativo. Per qualsiasi necessità è possibile chiedere la parola attivando il microfono e chiedere al conduttore di fornire delle indicazioni o dei consigli, anche in modo personale senza disturbare il gruppo. L’arteterapeuta all’occorrenza può intervenire in aiuto condividendo la schermata del pc per fornire dimostrazioni tecniche e grafiche utilizzando una tavoletta grafica per disegnare in modo virtuale. In questo modo la “Terza Mano” di cui ci parla Edith Kramer[1] può sicuramente essere in parte “sostituita” attraverso l’ausilio di tavolette grafiche, penne digitali, visori della realtà virtuale e di altri dispositivi informatici che nel caso di attività terapeutiche come questa vanno considerati come estensione della mano del terapeuta. Condivisione dei lavori e verbalizzazione 3- In questa fase il gruppo è invitato a mostrare i propri lavori e a condividere la propria esperienza del giorno, qualora essi volessero esternarla. Nel caso contrario qualcuno non senta la necessità di condividere in gruppo, può farlo tramite l’uso di messaggi istantanei privati, usati anche per l’invio di foto dei prodotti realizzati. Tutte le informazioni e le immagini personali condivise da ogni singolo partecipante è tutelato dalla sottoscrizione di un modulo sul consenso del trattamento dei dati personali, addebitatamente consegnata alle famiglie o ai soggetti maggiorenni e conservata al Centro di riferimento. Dunque attenzionarsi anche sugli aspetti legati al trattamento di dati e di informazioni sensibili per un’arteterapeuta diventa fondamentale per costruire un setting sicuro e anche trasparente per gli utenti affinché non venga compromessa la relazione terapeutica che serve a delimitare uno spazio mentale volto all’ascolto dell’altro. (Fig.n.3) LE REGOLE CHE DETERMINANO RUOLI E FUNZIONI Definire e chiarire fin da subito le regole per la partecipazione al gruppo, esplicitate attraverso il rispetto delle persone e dei materiali, in un contesto di fiducia e non giudicante, diventa cruciale nel costruire un buon setting in presenza, ma lo diventa maggiormente attraverso la modalità a distanza. Per questo è importante strutturare la seduta, definendo oltre “al come”, anche “il dove”, collocando l’intervento in termini di spazio e di tempo. L’utente sarà quindi invitato a seguire alcune modalità di lavoro che dovranno essere accuratamente e preventivamente spiegate, come disporsi davanti allo schermo, come predisporre una piccola personale tavola imbandita con materiali artistici, quali sono le fasi dell’intervento, come conservare le proprie opere, come usufruire della chat di gruppo. Nell’incontro online viene richiesta ad ogni partecipante una maggiore organizzazione, quindi è importante che ognuno ne sia consapevole. Tali regole organizzative non inibiscono la creatività ma al contrario le danno l’impalcatura su cui scaturire. LE RELAZIONI ON LINE In remoto l’utente e il terapeuta vivono spazi fisici diversi, messi in relazione dalla tecnologia, via etere. Gli spazi sono costruiti da entrambi poiché l’utente sotto le indicazioni dell’arteterapeuta si attiva per organizzare il proprio spazio, attivando nuove funzioni cognitive e relazionali che conducono in modo più consapevole alla scelta dei luoghi in cui operare, alla scelta dei materiali da utilizzare e infine ai luoghi dove custodire le proprie immagini o opere artistiche. La relazione in modalità online rispetto alla relazione costruita in atelier non è mediata dall’uso dei materiali presenti sulla tavola imbandita poiché essa non è condivisa fisicamente, ma assume nuove disposizioni in base alle scelte dell’utente. Una buona relazione autentica in cui l’utente sente di potersi fidare e dunque esperire il proprio processo creativo accompagnato dal terapeuta, si fonda sull’uso adeguato dello strumento tecnologico. Può sembrare un’ovvietà o un aspetto banale ma spostare l’attenzione sullo “schermo” può aprirci nuovi interrogativi e nuove riflessioni sulla costruzione di una buona relazione. Semplicemente perché mostrare il nostro sguardo, il nostro pensiero verso l’utente distante da noi diventa la base su cui creare una relazione di fiducia. Ecco che lo schermo non appare come un contenitore asettico, impersonale ma implica un coinvolgimento molto personale delle parti messe in relazione. Usando la metafora della “finestra”, un utente decide consciamente e inconsciamente come mostrarsi e cosa mostrare del proprio contesto agli altri in primis e all’arte terapeuta che si pone in parallelo, pronto ad osservare l’immagine proiettata dell’utente nonostante questa sia molto veritiera e simile alla propria rappresentazione fisica e psicologica. Per molti autori l’empatia non è solo uno strumento di conoscenza, ma anche un importante strumento terapeutico, in effetti l’esperienza ripetuta di comprensione empatica da parte dell’arteterapeuta contribuisce a rafforzare il senso di sé del paziente e ciò può avere luogo anche da remoto. ![]() In un contesto di arteterapia a distanza è fondamentale sottolineare quanto sia importante che avvenga una stimolazione neurale anche durante l’incontro in remoto. La stimolazione neurale fa sì che grazie ai neuroni specchio possa esservi un riconoscimento reciproco e un livello di empatia per poterci accogliere e comprendere sul piano della comunicazione non verbale. Dunque, mantenere il contatto visivo con l’utente diventa fondamentale, disattivare la webcam impedisce ai neuroni specchio dell’altra persona di lavorare in sintonia e di entrare in relazione con noi. Quindi senza un rispecchiamento almeno viso-facciale, fronte-parallelo nessuna sintonizzazione è possibile. I partecipanti alla relazione potrebbero sicuramente vivere un’esperienza audio percettiva (a patto che siano ancora presenti davanti allo schermo) ma sicuramente perdono tutto quel contribuito emozionale legato non soltanto al tono della voce, al senso motorio ma soprattutto anche all’espressione fisiognomica, allo sguardo, al contatto visivo, al sorriso e a tutto quello che noi comunichiamo. Essendo corpi vivi, infatti, trasmettiamo molte informazioni anche di carattere emotivo relazionale che già risultano impoverite dalla distanza fisica, quindi è importante mantenere vivo almeno il contatto visivo. Sicuramente le modalità di relazione online possono essere considerate una buona risorsa in un momento così tragico, permettendo una vicinanza virtuale che in certi casi potrebbe rivelarsi utile per mantenere vivo il contatto relazionale con gli utenti, soprattutto se adolescenti, vista la facilità e l’abitudine nell’utilizzare questi mezzi anche in ambito scolastico. È fondamentale però non darlo per scontato e far sì che l’esperienza di arteterapia online si distingua dalle altre. Complessivamente credo che l’esperienza arteterapeutica sia servita ai partecipanti per avviare un processo di trasformazione importante e di maturazione personale, in cui nonostante essi abbiano evidenziato momenti di regressione, momenti che hanno necessitato di essere accolti, riconosciuti e contenuti, hanno accettato il loro bisogno di accudimento e hanno potuto scoprire parti interiori per loro sconosciute, avviando un cammino di crescita personale. NOTE BIBLIOGRAFICHE BANDURA A., Adolescenti e autoefficacia. Edizioni Centro Studi Erickson, Trento 2012. BAUMAN, Z., Scrivere il futuro. Castelvecchi Lit. edizioni Srl, Roma 2016. BLAKEMORE, S.J. and FRITH U., The learning brain. Blackwell Publishing USA 2005. BRUZZONE D., Carl Rogers. La relazione efficacie nella psicoterapia e nel lavoro educativo. Carocci Faber, Roma 2007. CHARMET, G.P., I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte a una sfida. Raffaello Cortina Editore, Milano 2000. CIPRIANI, W., GANDINI, M., La relazione triangolare mediata. Dispensa Lyceum, Milano, 2018 GALLESE, V. MIGONE, P. EAGLE, M. N., La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicoanalisi, in Psicoterapia e Scienze Umane, 2006, XL, pp. 543-580 https://www.psicheos.it/site/linterazione-umana-nellera-di-internet/ Le immagini sono di proprietà dell’autore Orazio Valenti [1] Edith Kramer sostiene infatti che l’arteterapia non è utile soltanto a individuare un aspetto patologico della persona, ma il processo creativo è in grado di aggirare la patologia per attivare le parti più sane del sé. |
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