cARTeggi – n. 5 – Giugno 2022


ARTICOLO
LE FORME VITALI E LA DANZATERAPIA CLINICA
di Michela Bertelé, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, in formazione in Danzaterapia Clinica presso Lyceum Accademy – Milano

IL SENSO DI VITALITA’ CHE PERMEA LA NOSTRA ESPERIENZA ”
Stern D. 2011

Kandinsky – Overture musicale

Cosa sono le forme vitali? 1

Il concetto di forme vitali è stato introdotto da Daniel Stern nel 2010 per descrivere lo stile, la qualità dinamica dell’esperienza umana. Ogni movimento si svolge in un certo intervallo temporale (inizio, svolgimento,fine), ha caratteristiche spaziali, è mosso da “forze” sottostanti ed interne ad esso, punta verso una certa direzionalità e possiede un’intenzione.

Gli eventi dinamici che costituiscono la pentade delle forme vitali secondo Stern e che concorrono insieme all’esperienza vitale sono dunque: movimento, tempo, spazio, forza, direzione/intenzionalità.

La vitalità secondo Stern è una Gestalt globale che scaturisce dall’unione delle esperienze teoricamente distinte di questi elementi.

Forme vitali che caratterizzano la nostra vita quotidiana si descrivono per esempio nella possibilità di eseguire un gesto in modo rude o in modo gentile, o nell’enfasi data a una parola all’interno della frase nel linguaggio parlato, o nel tempo necessario per dischiudere o dissolvere un sorriso…

Le forme vitali sono quindi ciò che caratterizza qualitativamente e dinamicamente l’esperienza umana (azioni, voce, pensieri, affetti…) e rappresentano il vissuto, sono cioè legate più alla forma che al contenuto esplicito, riguardano più lo stile che il “cosa” o la motivazione.

Queste sfumature, secondo Stern, vengono comprese dalla mente in modo intuitivo ed immediato, ci consentono di fare esperienza degli altri e di percepirli come esseri vivi e vitali e costituiscono il fondamento della maggior parte delle nostre interazioni umane.


Forme vitali e simulazione incarnata
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Agli inizi degli anni ‘90 Rizzolatti, Gallese e i loro collaboratori dell’Università di Parma scoprirono il sistema dei neuroni specchio. Quando osserviamo qualcuno eseguire un gesto (un movimento volto ad un preciso scopo), si attivano in noi circuiti neurali che si attiverebbero se fossimo noi ad eseguire quell’azione. Quindi chi osserva un’azione, non solo la percepisce visivamente, ma vive virtualmente l’esperienza di quell’azione, avviene cioè una “simulazione incarnata”.

Quindi “l’integrazione multimodale sensori-motoria conseguita dal sistema di neuroni specchio […] mette in essere simulazioni di azioni che vengono utilizzate non solo per l’esecuzione delle stesse azioni ma anche per la loro comprensione implicita quando sono eseguite da altri” (Gallese et all. 2006).

Recenti studi di neuroscienze si sono occupati di dare un correlato neurale alle forme vitali ed hanno evidenziato come l’area dorso-centrale dell’insula sia deputata a questo compito.

Infatti, si è visto che queste aree cerebrali si attivano nel riconoscimento delle forme vitali (gentilezza, risolutezza o neutralità) durante l’osservazione del compimento di un gesto.

Le ricerche hanno osservato l’attivazione di questa area sia nell’esecuzione, nell’osservazione che nell’immaginazione di azioni o di parole pronunciate con caratteristiche dinamiche.

Il fatto che si evidenzi una consistente attivazione della zona dorsocentrale dell’insula in tutti questi tre compiti (e non solo nell’esecuzione), indica come questa area sia coinvolta nel meccanismo Mirror, con la possibilità di trasformare le percezioni visive e uditive delle forme vitali nella loro rappresentazione motoria.

L’insula è quella struttura neuro funzionale dove sono rappresentati gli stati interni del corpo, in cui avviene l’integrazione viscero-motoria, ma è anche stata già osservata in tempi precedenti come centro del meccanismo specchio di riconoscimento degli stati emotivi dell’altro.

Si è osservato ampiamente come questi processi di simulazione incarnata abbiano la caratteristica di permettere di sintonizzarsi sull’altro mantenendo però la capacità di attribuire quegli stati emotivi all’altro e non a sé stessi (a differenza del contagio emotivo) e questo può diventare uno strumento essenziale nelle relazioni terapeutiche. Il rispecchiamento empatico, infatti, consiste nella possibilità del terapeuta di rispecchiare gli stati del sé del paziente ma restituendogli una versione modificata che può svolgere anche una funzione regolatrice degli stati del paziente.

Infatti “La risposta sintonizzata del terapeuta al paziente, che in se stessa è basata sulla simulazione delle emozioni di quest’ultimo stimola a sua volta nel paziente la simulazione della risposta del terapeuta” (Gallese 2006).


“Corrispondenza tra forme vitali” e intersoggettività
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Stern nel suo libro afferma che “la condivisione delle forme vitali è probabilmente la più antica, diretta e immediata via d’accesso all’esperienza dell’altro”.

La definizione di forme vitali è stata messa a punto partendo dall’osservazione delle interazioni tra mamma e bambino dove le interazioni sono impregnate di aspetti dinamici in quanto il linguaggio non prevale, in queste fasi, sulla dimensione non verbale. In particolare, il concetto da lui formulato di “sintonizzazione affettiva”, e cioè la capacità della madre si sintonizzarsi sullo stato interno del bambino, consiste proprio nella corrispondenza tra forme vitali, e cioè nella capacità della madre di adattare il proprio comportamento alle forme vitali del bambino.

Nello specifico parla di una imitazione parziale e multimodale che passa da una modalità sensoriale all’altra conservando fedelmente le caratteristiche dinamiche, ovvero mantiene una corrispondenza tra le forme vitali o una iper o ipo- sintonizzazione di queste.

La mamma imita le caratteristiche dinamiche (forza, movimento, spazio, tempo, direzionalità/intenzionalità) del comportamento ma il contenuto e le modalità (es. canale comunicativo…) sono differenti. Attraverso le modalità dinamiche del suo comportamento la madre cerca di condividere l’esperienza soggettiva del bambino, non delle sue azioni. La corrispondenza, quindi, riguarda stati affettivi interni, non comportamenti manifesti. Così si genera un senso di “reciproca comprensione”.

“La corrispondenza o la discordanza delle forme vitali possono modellare ciò che fa il bambino e che cosa prova nel farlo” (Stern 2011).

Alla base di tutto questo processo descritto da Stern potrebbe esserci il processo intersoggettivo supportato dal sistema Mirror. I neuroni specchio per le azioni e le emozioni ci permettono di avere una simulazione incarnata riferita a “cosa”, allo scopo dell’atto e al suo contenuto (inteso come intenzione e schema comportamentale per raggiungere un obbiettivo), mentre i neuroni specchio relativi alle forme vitali ci connettono all’altro sul “come” eseguiamo l’azione.

Generalizzando questi aspetti a tutte le dimensioni intersoggettive si osserva quindi come le forme vitali giochino un ruolo cruciale nelle relazioni interpersonali. L’espressione delle forme vitali permette all’agente di comunicare il suo personale “stile”, mentre la percezione delle forme vitali permette al ricevente di comprendere lo “stile” dell’altro. E ancora “osservare lo stile di un’azione eseguita dagli altri permette all’osservatore di comprendere lo stato cognitivo di chi la compie” (Di Cesare et al. 2016).


Le forme vitali e la danzaterapia
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Stern specifica che la pentade dinamica, Gestalt globale delle forme vitali, si applica non solo alle relazioni interpersonali ma anche al mondo inanimato e ai prodotti culturali di cui facciamo esperienza (musica, arte, cinema, danza…), infatti nel suo libro dedica capitoli alla descrizione delle caratteristiche dinamiche presenti nelle varie forme d’arte.

Nel mondo della danza nello specifico si osserva come dalla danza moderna in poi ci sia una grossa attenzione all’esplorazione delle dinamiche del movimento: dalla decodifica proposta da Laban, allo spazio dato alle tecniche di improvvisazione, all’importanza che hanno nell’interpretazione gli aspetti di vitalità spirituale che viene sempre più richiesta in alcune branche della danza contemporanea…

Se si osserva poi che gli elementi del movimento della danza sono: disegno, dinamica, ritmo e motivazione (Pezzenati L. 2020) si evidenzia come le forme dinamiche siano una parte costituente dell’arte danzata.

Parlando dell’aspetto riabilitativo della dimensione dinamica dell’esperienza, Stern dice che “le forme vitali evocate dal terapeuta hanno la stessa funzione delle sintonizzazioni affettive […] tra madre e bambino piccolo” (Stern 2011).

Secondo Stern tutte le terapie a mediazione corporea, tra cui la danzaterapia, si sono strutturate inconsapevolmente sull’utilizzo anche delle forme vitali. L’immersione nello stesso flusso dinamico promosso dalla musica/danza/teatro/cinema produce momenti di comprensione reciproca tra terapista e paziente, momenti di incontro che svolgono un ruolo fondamentale “nell’espansione e nell’adattamento” del campo intersoggettivo.

“Le reti neurali funzionano in modo che ogni traccia dell’esperienza (di natura cognitiva, emotiva, sensoriale o motoria) possa modificare e ricodificare le tracce precedenti. Le reti neurali sono modellate quasi incessantemente dall’esperienza” (Stern 2011)

Quindi l’intervento terapeutico attraverso la sintonizzazione affettiva (corrispondenza delle forme vitali) e la simulazione incarnata/rispecchiamento empatico può creare occasioni di modificazione dei pattern di attivazione neurale.

Ciascun individuo ha una particolare ‘impronta’ dinamica che ne caratterizza il movimento in ogni nuovo e conseguente qui e ora.

La Danzaterapia Clinica consiste in corpi/cuori/menti che si danzano nello spazio e nel tempo secondo il loro movimento (e quindi stile) personale guidati da musica e parole offerti dal conduttore. Questo setting permette ad ognuno di esprimersi nelle proprie forme vitali e di sintonizzarsi attraverso la corrispondenza o discordanza con la forma vitale dell’altro.

La dimensione terapeutica della danzaterapia, quindi, risiede anche in questo rispecchiamento reciproco dei corpi nelle loro dimensioni dinamiche, in cui si realizza la possibilità di sperimentare nuove forme vitali e quindi nuovi pattern di attivazione.

Kandinsky – Composition 8


Le forme vitali e la metodologia della Danzaterapia Clinica 
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Cercherò ora di osservare le corrispondenze tra le considerazioni di Stern sulle forme dinamiche e alcuni punti cardine della metodologia della Danzaterapia Clinica.

Il corpo-cuore-mente

“La Danzaterapia Clinica si configura come una pratica terapeutica che si concentra sull’osservazione del corpo-cuore-mente che danza, nel qui e ora di ogni soggettiva improvvisazione” (Pezzenati 2021).

Stern descrive come le forme vitali non riguardino solo atti corporei, ma anche “movimenti mentali”: un pensiero può affiorare silenziosamente o irrompere improvvisamente… E specifica che le forme vitali non corrispondono ad emozioni, contenuti, pensieri ma ne colorano l’espressività, ne sono il veicolo.

Sappiamo poi che il movimento può avere origine da diversi sistemi (emotivo, cognitivo…) che quindi ne influenzano lo stile e le caratteristiche dinamiche.

Vediamo così come le forme vitali siano un po’ come un linguaggio che accomuna e connette l’espressività del corpo, del cuore e della mente. Le forme vitali pervadono l’espressione di quel corpo/cuore/mente che è il focus centrale della Danzaterapia Clinca.

La musica

Le teorie e le ricerche sulla percezione musicale hanno esaminato l’associazione fra parametri musicali (ampiezza, altezza, intervalli tonali, ritmo…) e le immagini dello spazio fisico e del movimento del corpo. Per esempio “un crescendo corrisponde ad un movimento accelerato che si avvicina, una musica di altezza decrescente si muove verso il basso…”

Questo ci riporta alla corrispondenza tra movimenti dinamici della musica e forme vitali del corpo e quindi la scelta di un tipo di brano, piuttosto che un altro può essere uno strumento che il danzaterapeuta può utilizzare per corrispondere/discordare dalle forme vitali degli utenti.

Parole Madre

Nel suo libro Stern usa alcuni aggettivi per aiutare a comprendere il concetto di forma vitale, come per esempio: strisciante, trascinato, fermo, crescente, pulsante, oscillante, accelerato, spinto, fluttuante, saltellante….  Stern evidenzia come questi aggettivi non si riferiscono a pensieri nel senso comunemente inteso, né ad azioni (intese come movimento dotato di un obiettivo o di un significato) ma “si situano tra le pieghe dell’esperienza, rappresentando il vissuto di una forza in movimento, in un tempo, in uno spazio, con un senso vitale di direzionalità” (Stern 2011).

Ed è proprio qui che si situa il senso delle Parole Madre della metodologia nella Danzaterapia Clinica. “Le Parole Madre sono quelle espressioni verbali che il terapeuta utilizza nella conduzione e che, lungi dallo spiegare e dal descrivere le consegne […] letteralmente ‘muovono’, e portano alla danza” (Pezzenati 2020).

Gli studi nell’ambito del sistema dei neuroni specchio ci avevano già dimostrato quanto il nostro cervello rispondesse in modo specifico alle parole del linguaggio che si riferivano ad azioni (affordances). Quindi davvero le parole che il danzaterapeuta può utilizzare nella conduzione possono avere la possibilità di guidare il movimento non solo per una via cognitiva e semantica, ma anche per una via somatosensoriale e motoria attraverso l’attivazione delle specifiche vie neurali degli schemi di movimento e delle forme vitali a cui la parola specifica si riferisce.

Voce

Alcune ricerche neuroscientifiche hanno osservato come l’area centrale dell’insula non si attiva solo nell’osservazione di movimenti ma anche ascoltando dei verbi che indicano azioni a seconda che siano detti in modo rude o gentile.

Altri studi hanno poi osservato come le forme vitali espresse dall’agente nella sua comunicazione verbale (per esempio un tono di voce rude o gentile, allungamento di una vocale, sospensione…) influenzano la risposta motoria del ricevente nelle sue caratteristiche dinamiche.

Cioè se dò un comando verbale per un’azione utilizzando una dinamica rude della voce, il ricevente eseguirà l’azione in modo rude, se dò il comando verbale in modo gentile, il ricevente eseguirà l’azione in modo gentile.

Quindi è chiaro come il terapeuta deve portare attenzione non solo a quale Parola Madre utilizza, ma anche alla forma vitale con cui pronuncia le parole avendo la consapevolezza che la loro forma vitale influenzerà la forma vitale del movimento degli utenti, al di là dal contenuto semantico e cognitivo della parola stessa.

Conclusioni
“Grazie alle forme vitali, le frequenti sintonizzazioni della madre ristrutturano continuamente il campo intersoggettivo con il figlio” (Stern 2011).

Con le osservazioni riportate in questo articolo mi pare di poter dire che la teoria delle forme vitali di Stern offre una prospettiva ulteriore per la consapevolezza puntuale e precisa rispetto a quelli che sono gli strumenti della metodologia della Danzaterapia Clinica.

I punti cardine della metodologia ci permettono di lavorare nella relazione intersoggettiva ed intercorporea anche sulla dimensione delle forme vitali e questo ci può essere utile per: regolare ulteriormente la nostra funzione di rispecchiamento empatico; lavorare in modo più ampio sull’eteroregolazione degli stati di attivazione; integrare ancora di più gli aspetti esperienziali e sensorimotori con gli aspetti simbolici e cognitivi arricchendo lo spazio interpsichico.


Bibliografia

  1. Stern D.N., Le forme vitali, Cortina, Milano 2011
  2. Rizzolatti G., Sinigaglia C., So quel che fai, Cortina, Milano 2006
  3. Di Cesare G., Gerbella M. and Rizzolatti G., The neural bases of vitality forms, National Science Review 7: 202–213, 2020
  4. Di Cesare G., Valente G., Di Dio C., Ruffaldi E., Bergamasco M, Goebel R. and Rizzolatti G., Vitality Forms Processing in the Insula during Action Observation: A Multivoxel Pattern Analysis, Frontiers in Human Neuroscience, 09 June 2016
  5. Di Cesare G., Cinzia Di Dio, Massimo Marchi and Giacomo Rizzolatti, Expressing our internal states and understanding those of others, PNAS, 6 June 2015
  6. Di Cesare G., F. Fasano, A. Errante, M. Marchi, G. Rizzolatti, Understanding the internal states of others by listening to action verbs, NeuroPsychologia 89 (2016) 172-179
  7. Di Cesare G, Laura Sparaci, Annalisa Pelosi, Luigi Mazzone, Giulia Giovagnoli, Deny Menghini, Emanuele Ruffaldi and Stefano Vicari, Differences in Action Style Recognition in Children with Autism Spectrum Disorders, Frontiers in Psychology, September 2017, Volume 8, Article 1456
  8. Di Cesare G., Elisa De Stefani, Maurizio Gentilucci and Doriana De Marco, Vitality Forms Expressed by Others Modulate Our Own Motor Response: A Kinematic Study, Frontiers in Human Neuroscience, 22 November 2017
  9. Eitan, Z., & Granot, R. Y. (2006). How Music Moves: Musical Parameters and Listeners’ Images of Motion.Music Perception, 23(3), 221–247
  10. Gallese V., Migone P., Morris N.E. La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicoanalisi. Psicoterapia e Scienze Umane, 2006
  11. Ornaghi S. Dispense Lyceum corso Psicologia Dinamica, Milano 2018
  12. Pezzenati L. , Danza, Danzaterapia e Danzaterapia Clinica Dispensa Lyceum, Milano 2020
  13. Pezzenati L. , La danza rappresenta nessuna cosa, ma ogni cosa. La pratica della Danzaterapia Clinica: un’introduzione e i concetti di base, Edizioni Cosmopolis, Ar-té n°14, 2021