Premessa
L’atelier di danzaterapia clinica Esisto dunque danzo, condotto da Laura Pezzenati presso Lyceum Academy di Milano, non si è mai interrotto dall’inizio della pandemia, se non per le regolari pause festive ed estive.
L’impossibilità di continuare l’attività nelle consuete modalità in presenza, ha portato a sperimentare, anche per la danzaterapia, la modalità a distanza.
Dis-Danza: danzaterapia a distanza
Durante il primo lockdown l’attività prosegue, adattandosi a una modalità audio in differita, con brevi condivisioni scritte sul nostro gruppo watsapp, solitamente utilizzato per comunicazioni di servizio.
Una soluzione di emergenza, di ripiego, che permette tuttavia di tenere viva la nostra danza e il nostro gruppo. Unico filo a cui aggrapparsi, la voce conduttrice e i brani musicali proposti. Non un volto, non una voce diversa, non un altro corpo in cui rispecchiarsi. Terribilmente penalizzante, certo, eppure momento prezioso che ci consente di non perderci del tutto.
Nell’autunno 2020, con la seconda ondata di Covid conclamata e il secondo lockdown alle porte, è ormai chiaro che l’attività non potrà riprendere in presenza e si decide di sperimentare la modalità on line, con la quale tutti noi abbiamo ormai acquisito un minimo di dimestichezza.
Accettiamo la scommessa e, da quel momento, fino all’inizio dell’estate 2021, ogni mercoledì mattina riceviamo sul gruppo watsapp il link per il collegamento serale: vero e proprio rito, che si accompagna alla conta di chi sarà presente (a distanza, naturalmente).
L’esperienza del percorso di danzaterapia a distanza va messa in relazione e segna uno stacco non solo rispetto al consueto percorso in presenza, ma anche rispetto alla breve fase intermedia, sperimentata durante il primo lockdown; certamente limitata e limitante rispetto all’attività in presenza, preziosa alternativa al nulla e alla primissima soluzione di emergenza.
Quanto segue è frutto di un’esperienza personale e inedita e di quanto, sempre in modo personale, ho potuto cogliere e condividere all’interno del gruppo durante questo percorso sperimentale.
Quali e quanti setting? Un gioco di specchi e scatole cinesi
Se in presenza non ci siamo mai posti molte domande sul setting dei nostri incontri, già durante il primo lockdown ognuno ha dovuto confrontarsi con un suo nuovo setting provvisorio personale-domestico; ora, quando ci colleghiamo, lo schermo ci restituisce l’immagine di tutti questi setting affiancati. Una sorta di setting multiplo virtuale, nel quale ci rispecchiamo, ognuno dalla sua postazione. E’ inquietante e rassicurante allo stesso tempo.
Ognuno si presenta nel suo spazio, preparato con cura per poterlo sfruttare al meglio. Dobbiamo fare i conti con i nostri spazi domestici, quasi sempre troppo angusti, arredati, pieni di rimandi alla nostra vita quotidiana; è difficile isolarsi e lasciare fuori presenze e suoni che ci rincorrono e spesso ci disturbano.
Il collegamento internet, elemento imprescindibile del nuovo setting, presenta, per parte sua, non pochi problemi e difficoltà.
Nulla a che vedere, insomma, con la sicurezza e l’accoglienza del setting in presenza a cui eravamo abituati.
All’inizio, Laura conduce da casa, poi, in un secondo momento, inizia a collegarsi dalla sala di Lyceum, la nostra sala, che ora appare, accanto alle nostre abitazioni, nel riquadro dello schermo: è vuota, abitata solo dalla conduttrice e dalla postazione informatica.
Vedere la sala dove sono abituata a danzare produce un notevole effetto di spaesamento: da un lato, dà l’impressione di poter attraversare lo schermo e ritrovarsi di là; dall’altro avverto ancora più intensamente la mancanza e la distanza. Mentre danziamo, di tanto in tanto butto l’occhio allo schermo: tutti noi danziamo, ognuno nel suo spazio, tutti sullo schermo, la nostra sala c’è ma resta vuota………..e un lieve senso di vertigine mi assale.
Finalmente, in primavera, diventa possibile, per un piccolo numero di persone, partecipare all’attività in presenza e si prosegue dunque in modalità mista: qualcuno in sala e gli altri da casa. E lo spaesamento continua. Ora, sullo schermo, vedo la sala abitata; noi siamo qui (ognuno a casa sua) e loro sono lì, in sala, insieme. Guardando i compagni danzare in sala e durante il momento di verbalizzazione finale, si può quasi avere l’illusione di essere lì con loro.
Diventa sempre più tangibile la possibilità che si possa tornare tutti in sala, e sempre più forte si fa sentire la mancanza e la distanza.
Il gruppo
Uno dei vantaggi più apprezzabili della modalità on-line è sicuramente la possibilità per il gruppo di ampliarsi e rinnovarsi, accogliendo al suo interno anche persone da luoghi lontani, che non potrebbero partecipare in presenza.
Sono così possibili alcuni incontri, seppur a distanza, che difficilmente avrebbero potuto avvenire in sede.
Altro aspetto sorprendente, la coesione e la fiducia all’interno del gruppo non sembrano risentire affatto della distanza e dello schermo.
A dispetto della distanza fisica e della forzata individualità dell’esperienza, talvolta molto frustrante e talvolta invece liberatoria, il desiderio di condivisione e vicinanza, durante la verbalizzazione finale, è molto forte e coinvolgente.
Lo spazio
Lo spazio, invece, risulta gravemente penalizzato dalla modalità a distanza. Siamo tutti, spesso e volentieri, limitati nei movimenti, dobbiamo abituarci a muoverci in spazi piccoli e pieni di oggetti e mobili.
Molti dei nostri incontri sono dedicati al dialogo tra spazio esterno e spazio interno. Siamo limitati nello spazio della danza, come del resto negli spostamenti fuori di casa e in quasi tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana, e questo spesso è difficile da sopportare. Non ci resta che esplorare le nuove possibilità dello spazio, seppur ristretto intorno a noi, e l’immensità del nostro spazio interiore.
La voce, le parole, la musica
Anche l’aspetto sonoro-vocale, così essenziale nella conduzione, viene gravemente compromesso dalla modalità online. E’ spesso difficile ottenere un suono nitido e non disturbante, un equilibrio tra musica e voce senza che l’una sovrasti l’altra. La voce talvolta risulta metallica, la musica si perde. A volte, invece, è la voce a sparire, lasciando in sospeso una proposta, una parola madre, una suggestione. In questi casi è difficile non innervosirsi e non provare un senso di smarrimento.
Mi capita spesso, quando la voce non arriva sufficientemente chiara e non riesco a udire le parole di Laura, di affidarmi totalmente e liberamente alla musica, magari prendendo spunto dall’unica parola che sono riuscita a cogliere. Anche così, la danza può avere un suo senso; un po’ in solitudine, certo, è possibile esplorare un margine di libertà e di iniziativa personale. E sorprendentemente, non di rado, mi capita di ritrovarmi, una volta ripristinatasi una connessione audio accettabile, perfettamente allineata e in armonia con le parole della conduzione.
Personalmente, sono molto più infastidita quando è la musica a perdersi: sento le parole, ma mi manca la musica, e questo mi risulta assai più limitante e disturbante.
Il corpo e il movimento
Il corpo e il movimento, come già visto, sono spesso limitati dallo spazio esiguo e smarriti nell’incertezza o nella solitudine; la limitazione più grave, tuttavia, è data dall’assenza disperata di altri corpi: manca il rispecchiamento, manca il contatto fisico, il danzare insieme, il gruppo, l’Altro.
L’unico modo per entrare vagamente in relazione col movimento degli altri è dare un’occhiata allo schermo: seppure ognuno nel suo riquadro, gli altri ci sono e danzano, e talvolta è possibile entrare in contatto, a loro insaputa, con i loro movimenti.
Lo schermo, peraltro, ci rimanda anche la nostra immagine, a meno di non disattivare la videocamera. Una sera mi ritrovo a danzare con la mia immagine riflessa nel vetro della finestra.
Risento della mancanza fisica degli altri, in particolare in due momenti dell’incontro: quello iniziale, della camminata nello spazio, e nella danza finale.
Camminare nel mio spazio esiguo, da sola, senza poter incontrare gli altri, senza poter interagire con i loro movimenti è profondamente frustrante. Mi ritrovo, ancora una volta, io, da sola, nel mio spazio limitato e limitante.
Mi manca terribilmente la dimensione del gioco, così presente in sala in alcuni momenti e soprattutto nella danza finale, che ora mi pare aver perso completamente senso.
Spesso durante la danza finale, mi siedo in poltrona e guardo gli altri, ormai troppo stanca, ma soprattutto senza alcuna motivazione a giocare da sola. E viene così a mancare il senso di alleggerimento finale e il momento di saluto corale a chiusura dell’incontro.
Nel momento centrale dell’incontro, l’impossibilità di danzare con gli altri è in parte compensata da un nuovo senso di libertà, che non sempre siamo riusciti a sperimentare in presenza. Da soli, protetti nel nostro guscio, possiamo permetterci di danzare se ne abbiamo voglia, di restare sdraiati se siamo troppo stanchi, di piangere, di arrabbiarci. Nessuno ci vede e non ci sentiamo obbligati a nulla. E’ uno degli aspetti positivi che considero più rilevanti in questo percorso a distanza: osare ascoltare davvero il proprio corpo e le proprie emozioni, senza ansia da prestazione, concederci ciò di cui abbiamo veramente bisogno e scoprire movimenti inediti e autentici, sintonizzarci profondamente con noi stessi e capire come prenderci cura di noi.
Sperimento uno spazio di libertà anche rispetto agli stimoli proposti e all’uso di qualche materiale. Necessariamente, diversamente da quanto avviene in sala, le proposte non prevedono l’utilizzo di materiali, e questo mi manca molto; ma nulla vieta, all’occorrenza, di utilizzare un telo o una coperta abbandonata sul divano, un nastro dimenticato sul tavolo, un cuscino…… e osare questa libertà è un esperimento interessante.
Per concludere
E in giugno, finalmente, mi decido a partecipare a un incontro in presenza: oltre all’emozione di ritrovarmi nuovamente in sala e in compagnia, provo ancora uno spaesamento, stavolta di senso opposto, nel ritrovarmi dall’altra parte dello schermo, un po’ come Alice.
La settimana successiva, partecipo all’incontro conclusivo della stagione collegandomi dalla casa di vacanza al mare; altra grande opportunità della modalità online, poter collegarsi anche non da casa propria, ma da un luogo diverso, il che ci costringe a riadattare i nostri parametri spaziali e percettivi.
E ora, dopo la pausa estiva, il nostro percorso riprende, finalmente in presenza e speriamo continuativamente.
Lo sguardo a ritroso sul periodo e l’esperienza passati non è facile ed è fortemente permeato da quel senso di spaesamento che credo sia stata la nota dominante per molti di noi. E’ difficile al momento trovare la giusta distanza da cui osservare e trarre conclusioni che non siano strettamente personali, ma che possiamo tuttavia condividere.
Questa esperienza di danzaterapia a distanza, oltre ad aver rappresentato un’ancora di salvezza e un punto di riferimento imprescindibile per tutti noi, è stata una preziosa occasione per sperimentare modalità diverse per continuare a danzare e per esplorare le interessanti opportunità che la modalità online presenta, seppur con molte e gravi limitazioni.
La modalità in presenza è certamente insostituibile e incomparabile, soprattutto laddove sono in gioco corpi e relazioni, eppure la modalità a distanza ci ha offerto, a mio avviso, spunti preziosi di riflessione riguardo possibili alternative che forse meritano di essere ulteriormente esplorate e riguardo ad alcuni aspetti dati fino ad ora per scontati; abbiamo avuto l’occasione di approfondirli e osservarli sotto una nuova luce, che ci ha rimandato forse forme e valenze nuove o ancora inosservate.
Nell’insieme, dunque, considero questo percorso di danzaterapia a distanza, nonostante tutti i limiti e le frustrazioni, un’esperienza profondamente positiva e stimolante, che non potrà che arricchire e rinnovare la ripresa della nostra danza in presenza.
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