cARTeggi – n. 4 – Dicembre 2021


ARTICOLO

ARTETERAPIA IN REMOTO. Il setting a distanza: strategie per un’alleanza terapeutica
di Elena Moscardini, laureata in Lettere Moderne con indirizzo Artistico Contemporaneo, Esperta di Didattica Museale e Laboratori Artistici, Arteterapeuta Clinica in formazione

Abstract
Molteplici studi hanno approvato e validato scientificamente il canale virtuale in diverse parti del mondo, per percorsi psicologici e/o psicoterapeutici. Tuttavia, ci troviamo in Italia ad utilizzarlo solo di recente, come conseguenza diretta delle misure restrittive emanate in seguito all’emergenza sanitaria da Sars-CoV-2. Dall’esperienza maturata all’interno di una Cooperativa che si occupa di assistenza diurna a persone con disabilità, sono nate alcune riflessioni in merito agli interventi in remoto nei percorsi di Arteterapia. Particolare attenzione ha richiesto l’esigenza di instaurare un’alleanza terapeutica a distanza, tenendo conto delle peculiarità specifiche della metodologia.

In seguito allo stato di emergenza sanitaria da Sars-CoV-2 e in particolar modo alla sospensione di ogni attività in presenza conseguente al primo lockdown degli inizi del 2020, si è reso necessario trovare nuove strategie di supporto alle persone con disabilità e alle loro famiglie, attraverso l’ideazione di progetti a distanza.

Dall’esperienza personale maturata all’interno di una Cooperativa che si occupa dell’assistenza diurna ad adulti disabili sono scaturite alcune riflessioni, soprattutto in merito all’utilità o meno di portare avanti un percorso di Arteterapia in remoto.

Se pur consapevole che il progetto da me proposto avrebbe dovuto prevedere soluzioni lontane dalla metodologia tradizionale, che vede coinvolto il terapeuta e gli utenti in un incontro in presenza e in un luogo raccolto e dedicato, ho ritenuto fosse utile e importante creare l’occasione di ritrovarsi e comunicare in modo profondo, anche se solo virtualmente.

La Cooperativa si era già attivata con una piattaforma, alla quale poter accedere liberamente da casa e sulla quale settimanalmente venivano caricate delle attività/proposte per tutti i ragazzi.

Il mio progetto prevedeva un doppio canale di comunicazione: l’invio di un video messaggio/proposta, caricato sulla piattaforma all’inizio di ogni settimana, in un giorno e ad un’ora precisi, (sempre lo stesso, per garantire la stabilità dell’appuntamento settimanale) a disposizione di tutti gli utenti della Cooperativa e da poter vedere in qualunque momento della settimana, a seconda delle esigenze delle famiglie; e 4 incontri (poi diventati 6 su richiesta dei ragazzi) in video conferenza, quindi con un appuntamento fisso, in un giorno e ad un orario preciso, come da metodologia, con 4 ragazzi le cui famiglie/educatori hanno dato disponibilità in tal senso.

Per entrambe le modalità, ad ogni appuntamento, ho deciso di iniziare con una “suggestione”: una CARTOLINA da me scelta o creata che potesse catturare l’attenzione degli ospiti del Centro e divenire un ponte di lancio verso un’espressione personale e significativa. Gli utenti erano poi liberi di accogliere la traccia suggerita o seguire il corso dei loro pensieri e delle loro esigenze espressive.

Ho chiesto a famiglie ed educatori di raccogliere quanto più materiale artistico possibile (compatibilmente col periodo di emergenza) per garantire la possibilità di scegliere quale mezzo utilizzare per esprimersi.

Completato il lavoro, ogni partecipante era invitato a mostrarlo ai compagni ed era libero di decidere se raccontare contenuti e sensazioni emersi durante il processo.

Al termine dell’incontro, poteva scegliere di condividere il proprio elaborato con gli altri ragazzi, caricandolo sulla piattaforma o di inviarlo privatamente a me.

Non ho ricevuto personalmente nessun elaborato da chi ha visitato in autonomia la piattaforma della Cooperativa; da parte di chi ha invece fruito della diretta, c’è stata grande partecipazione. La possibilità di vedersi e salutarsi, anche se solo tramite schermo, è stata sicuramente una componente importante di ogni incontro, così come il desiderio di mostrare agli altri il proprio lavoro, al termine dell’esperienza condivisa.

La preoccupazione maggiore è stata fin da subito capire come guidare quell’esperienza a distanza, come garantire il più possibile, a chi avesse deciso di aderire, di poter godere delle potenzialità dell’intervento terapeutico, salvaguardandone le peculiarità. E soprattutto come instaurare un’alleanza terapeutica, fattore comune per eccellenza di ogni psicoterapia, che Edward Bordin definiva già nel 1979 come il reciproco accordo riguardo agli Obiettivi (Goals) del cambiamento e ai Compiti (Tasks) necessari per raggiungere tali obiettivi, insieme allo stabilirsi di un Legame (Bond) che mantiene la collaborazione tra i partecipanti al lavoro terapeutico. (Bordin, 1979)

Da anni ci si interroga sulla validità e sull’efficacia di un canale virtuale nei percorsi psicologici e/o psicoterapeutici e nonostante vari studi lo abbiano approvato e validato scientificamente in varie parti del mondo (Andersson, 2014) è pur vero che in Italia ci troviamo ad utilizzarlo solo di recente come conseguenza diretta delle misure restrittive emanate in seguito all’emergenza sanitaria.

Se, come affermano Colli e Lingiardi, “studiare l’alleanza terapeutica significa … studiare che cosa fa di una relazione una “relazione di cura” (2014, p. 625), molti sono ancora i dubbi sulla qualità, l’intensità e le modalità della comunicazione tra paziente e terapeuta, di un incontro in remoto.

Di tutti i possibili trattamenti a distanza, i percorsi svolti mediante piattaforme di videoconferenza sono sicuramente quelli che più “assomigliano” alla tradizionale terapia vis a vis, poiché questa tecnologia consente ai partecipanti di vedersi ed ascoltarsi in tempo reale sul monitor di un computer. (Simpson & Reid, 2014).

Ma la particolarità di un setting di Arteterapia è quella di essere “tripolare”: nel dialogo tra paziente e terapeuta, si inserisce infatti un terzo elemento, il materiale artistico, “partner silenzioso del terapeuta” e ciò che ne scaturisce, ovvero l’elaborato del paziente, non è che il risultato di un processo triangolare. Il momento centrale della terapia è proprio il processo creativo, se pur “profondamente influenzato dalla presenza dell’Arteterapeuta, in continua comunicazione empatica con il paziente”; terapeuta che rappresenta anche una sorta di Io ausiliario, promuovendo e sostenendo il lavoro artistico del paziente. (Cipriani, Gandini, 2018, pag. 13)

La distanza non era colmabile quindi semplicemente attraverso l’utilizzo della schermata video, poiché il materiale stesso doveva essere presentato correttamente e perché i pazienti, a causa della loro disabilità avrebbero avuto bisogno di qualcuno in grado di supportarli fisicamente nel lavoro.

Si trattava quindi di progettare un setting “allargato”, dove la comunicazione non sarebbe più soltanto intercorsa tra terapeuta, paziente e materiale, ma sarebbe stata “filtrata” da uno schermo e condizionata dalla presenza di un educatore/familiare.

Se da un lato quindi, la modalità in remoto consentiva una maggiore flessibilità e pluralità di intervento, indispensabili in un contesto emergenziale, dall’altro, proprio per la delicatezza del processo, era necessario creare un’alleanza terapeutica forte ed efficace, oltre che garantire indispensabili condizioni a supporto della tranquillità del lavoro, quali un luogo appartato, lontano da sollecitazioni e stimoli di altro tipo, un materiale pulito, curato ed invogliante, una presenza discreta e non interferente da parte dello stesso terapeuta, di familiari ed educatori.

Io e l’educatrice del Centro, che mi ha affiancato in questa impresa, ci siamo confrontate a lungo partendo da alcune considerazioni:

  • Varietà delle situazioni:
    • alcuni utenti avrebbero partecipato agli incontri, o usufruito del video/proposta, dalle loro abitazioni, quindi con l’aiuto di familiari non necessariamente formati per accompagnarli in un’esperienza così specifica;
    • altri, dai loro gruppi-appartamento, seguiti da educatori, alcuni dei quali invece con una formazione artistica specifica, ma diversa e lontana dalla nostra metodologia.
  • Varietà/diversità del materiale a disposizione:
    • ogni famiglia/gruppo avrebbe avuto a disposizione il materiale già presente in casa, perché vista la situazione emergenziale non era pensabile che potessero reperirne altro con facilità.


Era quindi importante riuscire a creare una comunicazione semplice, ma efficace e anche differenziata a seconda della diversa tipologia di fruitori.

  1. Per prima cosa abbiamo pensato ad un video introduttivo, che abbiamo caricato sulla piattaforma la settimana precedente all’inizio degli incontri, molto breve, ma dove in pratica mostravo un esempio di setting: un luogo raccolto e silenzioso, lontano da distrazioni e zone di passaggio, con un tavolo ampio sul quale avevo imbandito tutto il materiale che avevo a disposizione in casa, sottolineando quanto fosse importante che i partecipanti potessero trovarlo pronto all’uso, curato e invitante.
  2. Abbiamo scritto un progetto sintetico, ma quanto più possibile chiaro e specifico, per illustrare il senso della nostra metodologia e le strategie pratiche da mettere in campo nell’affiancare e sostenere in modo discreto il processo creativo durante gli incontri, da inviare agli educatori dei gruppi-appartamento.
  3. Abbiamo redatto delle linee guida chiare e precise per i familiari.
  4. Abbiamo creato un gruppo WhatsApp per i familiari e gli educatori che avrebbero dovuto presenziare negli incontri in diretta, per dar loro la possibilità di confrontarsi con noi strada facendo, chiarendo di volta in volta ogni dubbio.


In conclusione, posso dire di aver trovato grande disponibilità da parte di tutti per la riuscita di questa esperienza, che si è svolta con cadenza regolare nel corso delle settimane, creando un appuntamento stabile per il gruppo formatosi.

Sei incontri sono davvero pochi per smuovere vissuti ed emozioni e delineare un percorso di crescita. Tuttavia, anche in così poco tempo, ogni utente ha mostrato caratteristiche personali e significative, come sempre avviene quando ci si dedica all’attività espressiva con entusiasmo.

Certo la distanza tra me e i partecipanti ha reso più difficoltosa la conduzione e l’osservazione del processo compositivo: niente può sostituire il lavoro in presenza. Familiari ed educatori hanno di fatto dovuto sostituirsi a me, e familiarizzare in brevissimo tempo con una metodologia totalmente nuova.

È stato interessante notare che, mentre da parte dei familiari, dopo un primo incontro un po’ impacciato e interferente, c’è stata la massima apertura nel seguire le linee guida proposte, più difficoltoso è stato far comprendere agli educatori il significato dei nostri tempi di attesa, il “non fare niente”, consapevoli e fiduciosi (e quante volte ci sentiamo impazienti anche noi!) che il materiale sta compiendo il suo percorso, facendosi largo tra le emozioni e guidandone la traccia sul foglio. È una magia che noi ben conosciamo, ma che per chi si approccia per la prima volta all’Arteterapia è ancora tutta da provare e da scoprire. Quindi capisco bene l’ansia di colmare quello spazio che sembra vuoto, ma che vuoto non è, con suggerimenti e consigli, con l’offerta di colore o peggio col mettere a disposizione dei ragazzi solo un materiale alla volta, perché tutto insieme appare dispersivo. Molto utile in tal senso è stato proprio il canale di WhatsApp ed il dialogo aperto e continuativo, che ci ha consentito di “aggiustare il tiro” ad ogni incontro.

Ho sperimentato sicuramente l’arte dell’attesa, ancor più che in presenza, ma nel complesso, l’esperienza si è rivelata molto positiva: se pur per breve tempo ed in condizioni “pionieristiche”, dovute allo straordinario periodo storico che stiamo vivendo, ha permesso ai ragazzi di esprimersi con intensità e partecipazione, di colmare la lontananza e mitigare la freddezza del canale virtuale.


Bibliografia

Andersson, G. (2014). The internet and CBT: A clinical guide. Boca Raton: CRC Press.

Bordin, E. S. (1979). The generalisazability of the psycoanalytic concept of the working alliance.

Psycoterapy: Theory, Research and Practice,16(3).

Cipriani, W., Gandini, M., La relazione triangolare mediata, Lyceum, Milano, 2018.

Lingiardi, V. La personalità e i suoi disturbi, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.

Simpson, S. G. & Reid, C. L. (2014). Therapeutic alliance in videoconferencing psychotherapy: A review. Australian Journal of Rural Health, 22(6).